Una mia riflessione di buon mattino mi porta a scrivere due righe sulla mia personale esperienza da lettore di libri che voglio condividere con voi.
Credo che leggere un libro sia sempre considerabile un atto meritevole di lode, per il semplice fatto che la lettura spinga maggiormente alla riflessione, all’introspezione, e per il tipo di spessore intellitivo e culturale spesso richiesto dalla maggior parte dei libri. Qualcuno ha detto “un uomo che legge ne vale due”.
Allo stesso tempo rifiuto l’idolatria del libro e della lettura. Perché ? A causa del fatto che non tutte i tipi di lettori hanno lo stesso approccio nel leggere un libro. Allora, abbiamo:
– Chi non legge proprio: una specie di lettore molto comune nel nostro Paese, il non-lettore si nutre di televisione e ha ricordi scolastici sbiaditi e lontani di cosa significhi leggere un testo scritto in forma di libro. E’ il ritratto di molti italiani, che per la lontananza con la forma di comunicazione scritta che non sia un depliant promozionale o un cartellone pubblicitario si trasformano nel tempo in analfabeti funzionali, in persone cioé che non sanno scrivere, non comprendono discorsi articolati o peggio non hanno le basi per ragionare.
Permettetemi una provocazione: sono un problema per la democrazia, perché il loro voto su temi raffinati come la bioetica, la salvaguardia dell’ambiente o la cultura scientifica ed artistica si riduce ad una fiducia utilitaristica, o peggio di simpatia per la leadership di un partito, di cui non saprebbero leggere e comprendere il programma neanche sui principi base.
– Chi ‘consuma libri’: fiero nel loro divorare libri, questo genere di lettore è molto insidioso, in quanto trasmette una concezione snobistica ed elitaria del libro nell’autostima ma che cela la volontà di servirsi nel concreto del prodotto librario come modo di trascorrere piacevolmente il tempo. E’ l’equivalente di chi sente di conoscere il mondo perché ha fatto il turista con i pacchetti standard delle agenzie di viaggio. Apprezzo chi legge 5 libri a settimana, piuttosto di stare incollato di fronte al PC o peggio di fronte alle soap opera delle televisioni locali, ma non crediate che la quantità di libri letta identifichi tout court un approccio culturale di alto livello.
– Chi studia sui libri: abbiamo un diverso modo di considerare il testo scritto, qui si parla di formazione personale. Esami da superare all’Università che necessitano di programmi di studio da seguire scrupolosamente. Il libro viene sottolineato, riassunto, ripetuto a memoria, metabolizzato, talvolta odiato. Queste persone, gli studenti, non sempre sono amanti dei libri, pure formando la propria cultura su di essi. Spesso vogliono solo avere il famoso pezzo di carta per la propria carriera lavorativa e professionale. Certo hanno sogni, desideri, inclinazioni, settori di interesse, approccio generale culturalmente di spessore. Ma non è detto che tutti amino quel libro necessario ad ottenere il 30 e lode. Oltretutto una buona parte degli studenti dopo averlo studiato, abbandona per sempre il libro, come fosse stato soltanto un ostacolo da superare, non una maestro di conoscenza. Abbiamo i pappagalli, studenti e studentesse che imparano come una preghiera, a memoria, i contenuti dei libri d’esame, senza apprezzare verità e riflessioni dell’autore ma solo preparandosi a ripetere perfettamente a voce quanto letto e studiato. Per i pappagalli le idee sono parificate tutte, basta conoscere le parole necessaria ad ottenere il consendo del docente o dell’assistente universitario. Qualcuno parla delle Università moderne come di ‘esamifici’.
– Il libro come mezzo per conoscere il mondo o come contemplazione del bello: i libri si sa, possono sia essere utili per conoscere che per apprezzare la qualità artistica-espressiva in sé dell’opera. Nel primo caso abbiamo per esempio un libro scientifico sulle supernove. Nel secondo caso un libro di poesie, che rientra però, se veramente di valore, in una dimensione del primo caso diversa e complementare di conoscenza dell’uomo e dell’Universo. Questo approccio del lettore gli permette non di gettare via il libro come già usato dopo la lettura, ma di partire da esso per migliorare la fitta rete di relazioni cognitive che dovrebbe albergare nella propria mente.
Solo questa categoria, che può convivere con le precedenti anche nello stesso individuo rispetto a determinati settori della conoscenza, può essere veramente degna di essere considerata approccio intellettuale. Il libro è solo uno stimolo e un insieme di informazioni che porta a conoscere, riflettere, migliorare, condividere e creare cultura.
Ovviamente il buon lettore avrà sicuramente capito quale tipo di approccio, in questa personalissima classificazione sicuramente non esaustiva, tra i vari approcci, io preferisca.