Su Facebook spesso condivido delle mie riflessioni personali.
Ne pubblico alcune su questa pagina.
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La morte di Richard Benson, mio insegnante di musica nel 1991

Richard Benson e Carlo Verdone nel film “Maledetto il giorno che t’ho incontrato“, 1992
E’ morto Richard Benson, il 10 maggio 2022, un chitarrista e personaggio televisivo e Internet molto famoso, anche per la sua stravaganza.
Io ho conosciuto Richard Benson di persona, tanti anni fa, nel 1991, quando avevo solo 17 anni.
Tanti anni fa non era così strano, non era uno zimbello a cui la gente tirava gli oggetti ai concerti nei locali di Roma, come si può vedere in diversi video presenti su YouTube.

Richard Benson in TV – programma Ottava nota – emittente TVA 40 – Primi anni 90
Trent’anni fa era, invece, un buon chitarrista rock e heavy metal. Nato Woking, vicino Londra, in Inghilterra, il 10 marzo 1955, durante l’infanzia visse a Milano, trasferendosi in seguito a Roma, dove negli anni iniziò una carriera da musicista. Conduceva nei primi anni Novanta, in una TV locale romana, TVA 40, il programma Ottava Nota, in cui presentava i migliori dischi dei più bravi chitarristi rock, metal, fusion, jazz-rock, thrash.
Io, Roberto Di Molfetta, allievo e amico di Richard Benson
Io nel 1991/1992 ero uno dei migliori chitarristi, come livello tecnico, tra i tanti allievi di musica di Richard Benson, oltre che suo amico, e spesso lui mi salutava in diretta televisiva durante il suo programma Ottava Nota dicendo “saluto gli ottimi chitarristi Roberto Di Molfetta…” e poi continuando con gli nomi di suoi allievi bravi come me.
Quasi tutti i giorni andavo a casa sua a suonare la chitarra elettrica, e molto spesso passavamo ore a improvvisare assoli rock e metal con le nostre chitarre.
Ci divertivamo moltissimo a suonare insieme, io grazie a lui ero diventato un virtuoso di buon livello, uno che riusciva a suonare gli assoli dei Metallica, dei Pink Floyd, di Santana, Eric Clapton, del chitarrista Slash dei Guns’n’Roses e di tanti altri chitarristi molto più tecnici di genere metal, rock, fusion che sicuramente non conoscete, come per esempio Joe Satriani, Steve Vai, Yngwie J. Malmsteen e tanti altri.

La rivista Chitarre, dove scriveva Richard Benson
Lo avevo incontrato la prima volta, leggendo un suo annuncio pubblicitario sulla rivista nazionale Chitarre, una delle più lette in Italia sullo strumento.
C’era scritto nel suo annuncio: “Volete suonare come i Metallica, Joe Satriani, Steve Vai, Yngwie J. Malmsteen? – Chiamatemi”, si offriva per dare lezioni di chitarra elettrica rock.
Ricordo ancora che la prima volta che andai da lui, mi trattò malissimo, sembrava che gli stessi sul cazzo, a pelle. Diceva che non sapevo suonare, che la tecnica con cui usavo il plettro sulle corde della chitarra faceva schifo, era orrenda.
Ricordo che ci rimasi molto male, perché mi ritenevo un buon chitarrista, avendo suonato solo per due anni senza nessuna lezione di musica in vita mia, e già i primi mesi rifacevo abbastanza bene gli assoli di Slash dei Guns’n’Roses.
Dopo qualche giorno, mi fece ritornare e mi disse che all’inizio non voleva prendermi come allievo, proprio perché secondo lui non avevo abbastanza talento.
Col tempo divenni invece il suo allievo preferito e amico.
Era un po’ arrogante e presuntuoso, con tutti, come il celebre critico d’arte Vittorio Sgarbi per esempio, tipo una primadonna dell’opera lirica, però allo stesso tempo era simpaticissimo e scherzoso di persona, soprattutto con me che ormai ero suo amico.

Paul Gilbert (con Billy Sheehan), tra i chitarristi preferiti da Richard
Con Richard stavamo tutto il giorno a suonare insieme, a scherzare insieme, ad ascoltare i nuovi dischi dei migliori chitarristi di allora, che lui comprava a centinaia ogni mese, a vedere video didattici dei virtuosi rock e metal del tempo sulla chitarra, come Ritchie Kotzen, Paul Gilbert, Vinnie Moore, Marty Friedman, Michael Angelo, Chris Impellitteri, e tantissimi altri .
Mi faceva pagare 20 mila lire a lezione, andavo una volta a settimana come tutti i suoi allievi.
Visto che aveva un allievo all’ora per tutto il giorno, tutta la settimana, ogni mese intascava una somma sufficiente ad inizio anni novanta per stare molto bene (ho fatto un calcolo veloce con la calcolatrice del PC, si beccava circa 3 milioni e 800.000 lire, 4 milioni di lire al mese).
Col tempo ero diventato talmente amico, che stavo da lui sempre.
Andavo il pomeriggio presto, dopo essere stato a scuola la mattina, e mi vedevo tutte le sue lezioni con gli allievi, che erano decine, quasi tutti ragazzini come me.
Poi la sera suonavamo insieme, e la sera si andava a mangiare qualcosa fuori. Lui abitava dietro Piazza Venezia, in centro a Roma.
Andavamo a cenare nei bar, nei pub, nelle pizzerie, nei ristoranti, dove capitava.Spesso veniva una sua fidanzata, tra le tantissime donne che vedevo a casa sua. Una biondina molto più bassa di lui.
Sicuramente gli piacevano le donne, non so se fosse bisessuale, come David Bowie, ma di certo aveva un sacco di ragazze.
Si vestiva come un gay, ma in realtà con me e con tutti gli altri ragazzi presenti non ci ha mai provato, né ha fatto mai gesti o detto cose da omossessuali, neanche una mossa.
Secondo me aveva quel look solo per spettacolo, la stessa cosa che credo faccia Damiano, il cantante dei Maneskin, che non credo sia omosessuale veramente, ma si trucca, si veste, fa cose da donna. Tutta scena, come a teatro.
Aneddoti su Richard Benson
Ricordo una marea di aneddoti del periodo che frequentavo Richard.
IO: “Pronto, Richard, ciao, ti disturbo?”
RICHARD: “Stavo scopando!”
Non vi dico io a 17 anni come ci sono rimasto di merda al telefono!
Il film con Carlo Verdone
Richard fece un film con il celebre attore e regista Carlo Verdone, all’interno del quale conduceva una trasmissione televisiva di fantasia, con il nome fittizio di Jukebox all’idrogeno, che riprendeva la sua trasmissione reale Ottava Nota.

Richard Benson e Carlo Verdone nel film del 1992
Nella trasmissione finta del film invitava Carlo Verdone come esperto del chitarrista Jimi Hendrix. Poi finita l’intervista a Verdone, che nel film era molto emozionato e si impappinava nel parlare (mi pare di ricordare, a memoria), Richard si esibiva in un assolo heavy metal con il suono della chitarra distorto, così come suonava lui, spesso e veramente, a casa sua.
Nel film un tecnico chiedeva a Carlo Verdone, che andava via dallo studio: “Ma che te sei preso, oh?”. E Carlo Verdone: “Io che me so’ preso? Ma che s’è preso quello!”, indicando Richard Benson, mentre lui si gettava in terra suonando, con tutto ‘sto casino a tutto volume di chitarra elettrica metal, con il distorsore a manetta. Come in tanti film di Carlo Verdone, una scena molto divertente…uno spasso!
Io all’epoca sono andato con Richard al cinema, all’uscita del film, a vederlo per la prima volta, insieme alla sua ragazza.
Gli anni della umiliazione di Richard Benson
di fronte a tutta Roma, a tutta Italia
Ho una marea di ricordi di quel periodo, del 1991, quando io e Richard Benson eravamo amici.
Dopo tanti anni, vederlo ridotto, davanti a migliaia di persone, nei locali di Roma, a prendere in faccia tutta la serata verdura, frutta, spazzoloni del water usati, carta igienica sporca, detersivi, polli, uova, buste di letame e di urina, acido, ripeto, in faccia per ore, per anni, da migliaia di ragazzi che stavano lì solo per divertirsi così, come uno zimbello, un soggetto da deridere, uno scemo del villaggio con cui farsi tante risate, alla gogna pubblica, di fronte a tutta la gente d’Italia, che dopo anni ancora commenta divertita sui video YouTube delle buste di merda che gli ha tirato in faccia… bé, mi ha fatto tanta, tanta tristezza.
E’ un vero schifo come lo hanno trattato.
In primis per lui, ovviamente, che subiva senza rendersi pienamente conto, ne sono certo, di cosa gli facevano, di essere lo zimbello di tutti; per sua moglie, che stava sul palco con lui, ma penso senza neanche comprendere la vergogna assoluta, l’umiliazione senza dignità alcuna di quelle serate sul palco insieme al marito; ma anche per me, che ero suo amico e allievo, e per tutti gli amici, i parenti, gli allievi, per tutti i romani, gli italiani, che lo stimavano e lo seguivano in televisione, che leggevano le sue recensioni sulla rivista nazionale Chitarre, per chi lo ha conosciuto, stimato, amato, per le sue ex-ragazze, per tantissime persone in tutta Roma e in tutta Italia, insomma.
E’ una vergogna anche per gli stessi ragazzi che gli facevano quelle cose, anzi, per l’Italia intera: come si può trattare così un uomo davanti a tutti, senza che abbia addirittura nessuna colpa particolare?
Per me Richard Benson negli anni in cui veniva umiliato nei locali romani, bersagliato da migliaia di oggetti tutta la sera, aveva seri problemi di salute, problemi mentali, magari non diagnosticati ufficialmente da un medico specialista, come uno psicologo o uno psichiatra.
Non era più in sé, altrimenti non avrebbe accettato di essere trattato così per ore, per anni.
Se fosse stato in piena salute a livello mentale, al primo uovo in faccia, durante il primo concerto, avrebbe chiuso la serata andandosene via, senza ritornare. Pochi anni fa è andato in TV da Barbara D’Urso su Canale 5, invecchiato di trent’anni, senza denti, a chiedere aiuto perché povero e malato, a chiedere soldi per non morire ai suoi fans, gli stessi ragazzi che per anni godevano a tirargli la merda in faccia nei locali, che si vantano divertiti nei commenti YouTube ai suoi video di avergli fatto queste cose in quelle serate.
Sapere che è morto, adesso, mi fa tanta tristezza, mi da tanta nostalgia.
Ricordo quel periodo come un momento bellissimo della mia vita, senza sofferenze vere, la mia gioventù passata tra musica, chitarre, ragazzi che suonano, a divertirsi, a uscire la sera tutte le sere in centro a Roma. Ero felice, e non lo sapevo.
Appena ho letto “Richard Benson è morto”, ho pianto.
Sembrano ricordi di 2 mila anni fa, i momenti di quel periodo.
Oggi la gente non si diverte più, sta sempre incazzata dalla mattina alla sera, con i figli, con il partner, con i genitori, con i colleghi, sta male se gli orsi polari non hanno più i ghiacci, si preoccupa se si stacca un grosso iceberg dall’Artide solo perché un servizio del TG collega il fatto al cambiamento climatico, passa la sua vita a litigare sulle mascherine, sul green pass, si infuria come una bestia se uno si avvicina, per sbaglio, a meno di un metro e mezzo, non rispettando la distanza di sicurezza sul Covid.
I giovani stanno ore sul cellulare a mettere il like a gente che non conoscono di persona, che non incontreranno mai nella vita.
Vedi coppie di ragazzi, di fidanzati, seduti a cena, che stanno fare lo scrolling del feed di Instagram sull’iPhone da mille euro, a mettere i like a Fedez o alla sorella di Belen Rodriguez, invece di passare la serata a guardarsi negli occhi, a stringersi la mano, a sorridersi, a parlare e scherzare come gli innamorati di vent’anni fa.
Sono fidanzati, escono a cena, e stanno al cellulare a vedere i post dell’Isola dei Famosi sul profilo ufficiale di Mediaset.
Stiamo messi male oggi, fidatevi.
Io a 17 anni mi divertivo un casino, senza siti porno, pornostar, tette finte, labbra rifatte, tatuaggi in faccia, senza stare le ore a mettere i like su Instagram sui selfie di Chiara Ferragni insieme a Fedez.
Ero un musicista, che si divertiva a suonare la chitarra, ad ascoltare musica, insieme ai giovani, a sto matto di Richard Benson, passando le giornate dopo la scuola a divertirsi con gli amici, a suonare, a migliorare come chitarrista, a godermi le giornate della mia gioventù.
Si stava meglio quando si stava peggio. Fidatevi.
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La cattiveria della gente verso il povero Richard Benson
La gente piange Richard Benson, che è morto il 10 maggio.
Ma lo piange dopo che per anni era diventato celebre, per essere trattato come uno zimbello ai suoi concerti.
Anzi sottoposto ad una gogna schifosa, vergognosa, indegna di un paese come l’Italia che si ritiene civile. Addirittura esistono dei video su YouTube, che per rispetto verso il povero Benson e per lo schifo che fanno non voglio inserire in questa pagina Web, che mostrano Richard Benson dare dei concerti nei locali di Roma, di fronte a migliaia di persone, dove veniva deriso, insultato, e veniva colpito per ore da qualsiasi cosa, come buste di merda, spazzoloni del water sporchi, polli, uova, carta igienica, urina, addirittura una volta gli hanno tirato dell’acido in faccia e quel poveretto si era pure lamentato perché gli bruciavano gli occhi…
Ma vi rendete conto che questo è accaduto in Italia, a Roma, la capitale sede del pontefice, del governo, del parlamento, in uno Stato che si ritiene progredito, civile, solo qualche anno fa, per decine di serate, di fronte a milioni di italiani che su YouTube si divertivano a vedere Benson trattato come un gabinetto umano per ore?
I proprietari dei locali romani, sapevano benissimo che Richard Benson sarebbe stato trattato così. A loro interessava solo che il locale di riempisse di gente pagante, per farci decine di migliaia di euro di incasso.
I giovani romani, che magari oggi si sono sposati, lavorano nelle aziende, si fanno i video mentre giocano coi loro figli, condividono i post contro la violenza sulle donne, piangono per gli animali abbandonati, si portavano le buste di feci umane, le buste di urina, l’acido, non so se soda caustica, acido muriatico o altro, i polli comprati al supermercato, per tirarli in faccia a Richard Benson che era lì per suonare e cantare la chitarra per loro, o così almeno credeva il pover’uomo.
Pensate, neanche ai pedofili stupratori e assassini di bambini, è permesso fare quello che la gente ha fatto a Richard Benson per anni nei locali di Roma.
Se la gente prova a linciare per strada un pedofilo assassino, per la rabbia nello scoprire che ha violentato e ucciso un piccolo innocente, carabinieri o poliziotti intervengono, addirittura rischiano la loro incolumità fisica per mettere in salvo quell’assassino di bimbi.
Lo Stato impone all’Arma dei Carabinieri e alla Polizia di Stato di intervenire e salvare dal linciaggio dei passanti inferociti gli assassini di bambini, assicurandoli alla giustizia, per poi consentire un giusto processo e condannarli eventualmente al carcere, anche all’ergastolo, se condannati dai magistrati preposti dal giudizio.
Invece il povero Richard Benson, un musicista ed esperto di musica, solo perché non più in grado di badare bene a sé stesso, è stato per anni oggetto di scherno, di derisione, ha subito per diverse ore, per tante sere all’anno, il lancio di oggetti come buste di merda, addirittura acido in faccia, per il sadico divertimento di migliaia di persone, senza che avesse commesso nessun grave reato; non solo come dicevo prima, non aveva commesso lo stupro e l’omicidio di bambini di 5 anni, ma neanche un semplice furto di un portafoglio, non aveva neanche rubato una mela al supermercato.
Io preferisco ricordarlo non per le sue serate in cui veniva umiliato da migliaia di ragazzi nei modi che ho descritto, ma come nella bellissima foto che vedete sopra, come un bravo chitarrista, un esperto di musica rock, blues, fusion, metal, thrash, jazz-rock, che scriveva recensioni dei nuovi dischi su Chitarre, la più importante rivista italiana sullo strumento che suonavamo.
Nell’immagine iniziale è con un giovane Vittorio Sgarbi, quando come persona intelligente e musicista, attirava a sé la stima e il rispetto di tutte le persone di un certo spessore intellettuale.
Richard Benson chitarrista: il video
Per farvi conoscere il Richard Benson chitarrista e musicista, vi inserisco un video YouTube, con il suo brano “C’è Ancora Un Colore Nella Notte“, dal suo disco “Madre Tortura“.
Richard qui suona un assolo blues rock, con la chitarra inizialmente dal suono pulito, senza distorsore (clean tone, lo chiamano i chitarristi americani), ma che poi passa all’uso del suono distorto; un buon assolo, con diverse scale e passaggi difficili, anche se non eseguiti tutti in maniera perfetta.
Insomma, un buon chitarrista e musicista, con una certa tecnica, che scriveva bei brani.
Meritava di essere conosciuto anche per la sua musica, e non solo per la stravaganza, e non di certo per la vergognosa gogna pubblica nei locali romani, in cui gli veniva lanciato addosso qualsiasi oggetto.
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Le cose più belle della vita non hanno bisogno di parole
Usiamo tante parole, ne ascoltiamo tantissime tutti i giorni, per spiegarci, per comunicare i nostri pensieri, le nostre emozioni.
Eppure pensateci, le cose più belle della vita non hanno bisogno di parole:
stare al Sole in una bella giornata di maggio al parco di Villa Borghese a Roma, passeggiare con la persona che ami mano nella mano per le vie del centro, abbracciare tua madre il giorno del suo compleanno, accarezzare tuo figlio nella sua culla, rivedere tuo fratello militare a casa dopo un anno di missione in guerra, un padre che guarda la figlia vestita da sposa il giorno del matrimonio, due innamorati che si baciano, accarezzare un cucciolo di labrador, assaporare del buon cibo italiano la sera al ristorante, bere un buon bicchiere di vino rosso, una notte di sesso, ammirare da vicino un capolavoro artistico di Raffaello Sanzio o di Leonardo da Vinci, ascoltare una composizione di Ennio Morricone, fare il bagno al mare, guardare il cielo insieme agli amici la notte di San Lorenzo… le cose più belle della vita non hanno bisogno di fiumi di parole per essere vissute!
Perché passiamo il tempo a parlare, a chiacchierare, anche a lamentarci, a litigare, a scannarci con polemiche sulla politica, sul calcio, sulla gente e non pensiamo a goderci i momenti belli della vita?
Chiudo con una citazione da un film premio Oscar:
“Non odi tutto questo? I silenzi che mettono a disagio… Perché sentiamo la necessità di chiacchierare di puttanate per sentirci più a nostro agio? […] È solo allora che sai di aver trovato qualcuno davvero speciale: quando puoi chiudere quella cazzo di bocca per un momento e condividere il silenzio in santa pace.”
Mia Wallace (Uma Thurman) parlando con Vincent Vega (John Travolta).
Dal film “Pulp Fiction”, di Quentin Tarantino (1994)
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Misantropia: giudichiamo male tutta l’umanità,
a causa delle nostre sofferenze passate
Un errore che facciamo tutti è di giudicare male tutti gli esseri umani, perché nel mondo ci sono tante pessime persone.
E’ uno sbaglio questo, derivato dalle nostre caratteristiche psichiche come esseri umani.
Quando veniamo feriti dalle altre persone, in modo profondo, siamo portati a essere prevenuti, a vedere gli altri come simili a chi ci ha fatto del male.
Per esempio, se una donna viene violentata da piccola, rimarrà sempre condizionata dal trauma dello stupro, rimanendo diffidente con gli uomini. Non li vedrà mai più in maniera neutra, ma come possibili violentatori, anche inconsciamente, senza volerlo.
E’ nella natura umana, e deriva dagli istinti più primitivi presenti nel nostro cervello. In fondo siamo discendenti dalle scimmie, una parte del nostro cervello ha gli stessi istinti dei primati.
Anche gli animali si comportano così. Guardando tanti video di cani maltrattati, si vedono gli animali che hanno subito sevizie, che quando vengono accuditi dagli animalisti in un rifugio, non si fidano inizialmente delle carezze, di mangiare il loro cibo. Sono feriti nell’animo, vedono gli uomini come nemici, pronti a fargli del male.
Agli esseri umani succede per esempio, combattendo in guerra. Tanti film mostrano il disagio psichico dei reduci del Vietnam. Per esempio in Taxi Driver, con Robert De Niro. Oppure in Rambo, con Sylvester Stallone. In quest’ultimo film, Rambo viene immobilizzato e gli sceriffi della contea vogliono fargli la barba con la forza. A lui sembra di rivivere lo shock delle torture con la spada, quando era prigioniero in Vietnam. E picchiando gli uomini dello sceriffo, scappa e diviene un fuggiasco.
Si chiama sindrome da stress post-traumatico. Cercate in Rete, è un argomento interessante.
Quando soffriamo, tendiamo a vedere tutti gli altri come quelle persone che ci hanno fatto del male.
Io in questi giorni ho capito che questo è un errore, che ci condiziona troppo. Ci sono tante persone mediocri, arroganti, cattive, tanti delinquenti in giro.
Ma esistono pure persone buone, di cuore, persone perbene, gente onesta, lavoratrice, che non ci tratterebbe mai così male.
L’errore è ritenere tutta la società composta di brutte persone, perché altri ci hanno ferito. Invece dobbiamo cercare il più possibile di evitare le persone tossiche, negative, pessime, becere, e cercare di frequentare le belle persone, di passare il tempo con loro, di farcele amiche.
L’umanità, gli uomini, sono capaci di qualsiasi cosa. La Storia lo dimostra: abbiamo i santi, come San Francesco, gli eroi che danno la vita come gli altri, come Salvo D’Acquisto, ma abbiamo anche i dittatori sanguinari, come Hitler e Stalin.
Sta a noi non fare di tutta l’erba un fascio. Aprire ai giusti, amare le belle persone, premiare il bene; ostacolare il male, allontanarsi dall’ingiusto, impedire ai cattivi di far soffrire gli altri. Così dobbiamo ragionare. Non è vero che tutti gli uomini sono degli stronzi, che le donne sono tutte puttane, eccetera. Ci sono tante belle persone nel mondo. Magari sono una minoranza, una percentuale piccola, ma con un mondo di 7 miliardi di persone, sono sempre tanti. E a loro bisogna pensare, per avere fiducia negli altri.
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L’invidia, una brutta bestia
Uno dei sentimenti negativi più diffusi e meno confessati è l’invidia.
Un proverbio che spesso mia madre mi cita è “se l’invidia fosse febbre, tutto il mondo ce l’avrebbe”.
Leggevo un articolo di una ricerca di psicologia fatta su un gruppo di anziani ospiti di una casa di riposo.
Molti di questi anziani rivelavano agli intervistatori che invidiavano gli altri anziani che ricevevano più visite da parte dei figli, dei nipoti e degli altri parenti.
La religione cattolica mette l’invidia tra i sette peccati capitali. Sant’Agostino la considera la bestia peggiore.
Nella Bibbia, Caino uccide il fratello per invidia dell’essere favorito da Dio.
Nei vangeli, Ponzio Pilato sa che Gesù Cristo è stato mandato da lui per essere condannato, perché invidiato dal sinedrio degli ebrei.
Tra le mille idee che mi sono venute nell’ultimo periodo, ho anche quella di scrivere un libro proprio su questo sentimento.
Il titolo che ho pensato è:
“L’invidia. Un sentimento inconfessabile”
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Giudicare le persone solo in base alla posizione sociale:
un errore comune
Spesso la gente valuta le persone in base alla posizione sociale. Se uno è un grande imprenditore, un professore universitario, un chirurgo famoso, un grande attore, ne ha tanta stima, senza averlo mai incontrato.
Lo valuta in base al livello sociale raggiunto. Invece disprezza come bestie schifose i detenuti, gente in carcere per reati come l’omicidio.
Ma una persona intelligente, che ha conosciuto le persone abbastanza, sa che alle volte si può uccidere un uomo in un momento di rabbia, magari un marito che da un pugno all’amante della moglie quando li scopre, e quello casca a terra, battendo la testa e muore. Quindi diciamo quel tizio che sta in galera era solo un marito tradito che ha dato un cazzotto a quello con cui la moglie lo tradiva. Le circostanze lo hanno portato in galera per omicidio preterintenzionale. Ma lui ha solo dato un pugno all’uomo con cui la moglie lo tradiva.
Ma persone che la gente stima, come politici anche importanti, non sono mai finiti in galera, sono ricchi, famosi r stimati, e magari sono collusi con i boss mafiosi per tutta la carriera, senza fare nomi..
Quel politico così stimato, amato, è magari una carogna, un uomo spregevole, un essere senza scrupoli, ma la sua posizione sociale lo fa considerare una eccellenza, quando magari fa gli interessi della mafia siciliana al governo del Paese.
Così quel poveretto che arrabbiato con l’amante della moglie diventa un essere spregevole per un pugno, mentre questi illustri italiani hanno passato la vita a favorire le mafie che sciolgono nell’acido i bambini.
Date retta a me: in galera ci sono molte persone criminali cattivi e crudeli, ma molti criminali che non andranno mai in galera li trovate in Parlamento, al governo, li votate da anni, addirittura li amate.
Questo è il perbenismo: pensare che i delinquenti siano la feccia della società, mentre le persone illustri siano grandi uomini da apprezzare.
Io valuto caso per caso, persona per persona. Ragionare in base ai luoghi comuni è da persone mediocri, chi è veramente intelligente una persona deve conoscerla, capirla, valutarla per quello che è.
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I Lupi sbraneranno sempre gli Agnelli, non cambieranno mai
A tutti noi piacerebbe vivere in un mondo in pace, con gli uomini che si amano come fratelli.
Ma visto che le persone non sono tutte uguali, questo non è possibile, e non sarà mai possibile.
Milioni di persone nascono malvagie, egoiste, prevaricatrici, violente, prepotenti, cattive, addirittura alcuni sono sadici, godono della sofferenza altrui.
Il mondo poi è guidato ovunque da potenti che vogliono avere il mondo sotto i loro piedi, sono avidi, e la Storia lo dimostra.
Fin dall’antichità si è mossa guerra ai popoli vicini per costruire imperi. Gli antichi romani, i persiani, i mongoli, Hitler, Mussolini, Putin, il colonialismo europeo in Africa, quello inglese in India, quello giapponese nel Pacifico, basta studiare la Storia per capire che è nella natura umana usare la violenza senza pietà, per avere sempre di più.
Senza scomodare presidenti, re e imperatori, tutti i giorni leggiamo sul giornale di fatti orrendi, come quel giovane, Benno, che ha ammazzato i genitori per intascare l’eredità, oppure quel ragazzo che ha bruciato vivo il fratello per ottenere i soldi della sua assicurazione sulla vita.
E le mafie? Camorra, Cosa Nostra, Sacra Corona Unita, ‘Ndrangheta, che ti ammazzano perché non paghi il pizzo?
E senza interessarci degli assassini, basta vedere quanti ladri, truffatori, delinquenti ogni giorno usano la violenza per fare soldi.
E’ impossibile un mondo completamente in pace.
Sono troppi i violenti, i malvagi, perché nati così a livello del DNA, è nel loro codice genetico, il loro cervello è strutturato così, i loro pensieri li spingono al male perché sono nati così. Come un leone nella savana: se vede una gazzella se la sbrana subito, è il suo cervello che gli dice di farlo, è nato così.
C’è chi è agnello, come mia madre, e chi lupo, come Putin.
E da sempre i lupi sbranano gli agnelli, è nella loro natura.
Non possiamo pensare che con i bei discorsi, con le parole, con la poesia, con la cultura, l’educazione, i discorsi sui diritti umani, l’Arte, con gli spot progresso del governo, faremo diventare i lupi degli agnelli.
Se gli ebrei avessero parlato di persona davanti a Hitler, dicendo bellissime parole di pace, chiedendo in ginocchio pietà davanti a lui, piangendo e abbracciando i loro bambini piccoli, il Führer sempre nelle camere a gas li mandava, non gliene fregava niente al dittatore capo della Germania nazista di quello che dicevano gli ebrei per salvarsi.
I lupi saranno sempre lupi, e gli agnelli sempre agnelli.
Quelli appena possono ci sbranano. Semplicemente, sono fatti così.
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L’Amore più grande: quello delle mamme
Su Dio non siamo sicuri che esista, che ci ami, ma dell’amore delle mamme, le vere mamme che amano i propri figli, siamo certi al 100 percento, ci potete scommettere la vita.
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Le teorie di Freud: l’istinto primitivo, senza alcuna morale,
ha l’ultima parola sui nostri pensieri e sulle nostre azioni
L’Es, di cui parla Sigmund Freud, il neurologo fondatore della psicoanalisi moderna: l’istinto più profondo, forte e primitivo del nostro cervello.
Ecco spiegato in un post Facebook perché l’umanità è così bestiale: perché siamo i discendenti dei primati, delle scimmie. I nostri antenati erano degli animali. E i figli degli animali, è difficile che siano esseri perfetti, puri, totalmente civili e progrediti.
Ecco un link sulla sezione della cronaca nera di un importante sito di informazione italiano, Fanpage, letto da milioni di italiani tutti i giorni: https://www.fanpage.it/attualita/violenza-italia
Leggetevi solo i titoli di tutta la pagina, poi ditemi se noi esseri umani siamo totalmente civili, perfetti, come dice il Sommo Poeta “fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza” o siamo semplicemente i discendenti delle scimmie che hanno un istinto primitivo, inconscio, senza alcuna morale che li guida, come scrive nei suoi libri, il neurologo padre della psicologia moderna, lo scienziato Sigmund Freud.
Chiudo con una citazione:
Ho troppo rispetto per l’idea di Dio per ritenerlo responsabile di un mondo così assurdo.
Georges Duhamel
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