Franco Ferrarotti è uno dei più grandi sociologi italiani del dopoguerra. Docente universitario dal 1961, attualmente professore emerito dell’Università “La Sapienza” di Roma, è stato importantissimo sia nel campo degli studi che nell’istituzionalizzare la sociologia nel mondo accademico italiano.
Ho avuto la fortuna di conoscere personalmente il professor Ferrarotti, persona di grande cultura, sensibilità e simpatia straordinarie. Dal 2008 ad oggi mi sono occupato della sua Pagina Facebook che ho fondato. Qui di seguito una sua intervista, consegnatomi dalle sue proprie mani.
“Un colpo di reni dalle intelligenze dei nostri giovani”
Di Luigi Crimella
Come resistere nell’era della grande crisi? E’ la domanda che il Sir intende porre ad alcuni studiosi per comprendere dove stiamo andando e come uscirne. Qui di seguito la prima intervista a Franco Ferrarotti, professore emerito di sociologia alla Sapienza di Roma, che nella sua lunga attività si è occupato, tra l’altro, di sociologia industriale, sindacati, urbanesimo, religione, razzismo.
Lavoretti precari, micro-stipendi, rarissimi contratti a tempo indeterminato, matrimoni rinviati “sine die”, futuro nebuloso: cosa sta succedendo ai nostri giovani?
“Non solo ai nostri giovani, ma a tutti noi cosa sta succedendo: questa è la domanda. Comincio da noi sociologi, con un mea culpa. Siamo venuti meno al nostro compito e alla nostra responsabilità. Alcuni pensano che in una società ‘liquida’, anzi squagliata come quella attuale, basterebbe saper ‘nuotare’ o almeno galleggiare. Altri, come Touraine, parlano di dibattiti come soluzione. Habermas punta sull’agire comunicativo, strumentale ed espressivo. In realtà noi viviamo in una società saturnina, che mangia i propri figli dopo averli generati, come Kronos.”
Come se ne esce?
Il fatto è che ci troviamo davvero in una società ‘liquida’, nel senso di debole, incerta, totalmente amministrata da gruppi dirigenti la cui mediocrità, oltretutto contagiosa, ci sta portando al disastro. Dire come se ne esce non è facile: per fortuna credo che, come sempre accade, ci siano ancora degli ammortizzatori più o meno segreti. Uno di questi, il principale, è la famiglia: essa tiene in piedi ancora una volta la società. Però non ha validità perenne, perché i suoi risparmi, di generazioni, hanno consistenza fino a un certo punto, e si fanno sempre più magri. Forse stiamo perdendo ciò che finora ha garantito quel tanto di coesione sociale e di fatto dato consistenza alla nostra società”.
Eppure l’Italia, fino a pochi anni fa, era considerata la quinta o sesta “potenza mondiale”. Dove siamo finiti?
‘Abbiamo un passato glorioso. Eccellenze storiche, artistiche e anche economiche che tutti ci riconoscono. Nel secondo dopoguerra, dal 1950 al 1980 o poco più, in una generazione e mezza il nostro Paese ha conosciuto una rivoluzione industriale che in Gran Bretagna ha richiesto due secoli. Oggi però siamo diventati una società stagnante, con monsignori’ inamovibili, una classe dirigente cioè che mira a durare e non a dirigere.
E giusto che a pagare siano soprattutto i giovani?
“Noi adulti abbiamo le nostre colpe, e sono tante. Ma i giovani forse sono vittime dell’effetto esteriorizzante dei mezzi di comunicazione: sono frenetici e passivi allo stesso tempo non si guardano dentro, non si identificano, non hanno senso del destino sono foglie e a vento. Polvere Detto tutto questo, i migliori purtroppo dopo averli formati fino alla laurea e al dottorato, li regaliamo” ai Paesi stranieri. Li obblighiamo ad andare a trovare il pane fuori’.
Come impedirlo, se da noi non c’e offerta di posti?
Certo è difficile, ma all’estero vengono apprezzati subito. Nel secolo scorso abbiamo esportato carne
‘carne giovane’ in Argentina, Stati Uniti, Canada, per non parlare dell’Europa. Oggi esportiamo menti raffinate e preparatissime. Praticamente regaliamo agli altri Paesi i nostri cervelli più brillanti e attivi. Per badare al nostro pesante debito pubblico ci stiamo creando un debito intellettuale e morale ancora più grande,
Sembra che alla fine lei sia pessimista.
‘Dobbiamo smetterla di regalare al mondo le nostre cose migliori, senza mantenere per noi l’essenziale. L’Italia può essere uno dei primi Paesi su scala mondiale per intelligenza teoretica e per scienza applicata alla produzione. Siamo anche un Paese dove si coltiva il vero gusto di vivere, mangiare, divertirsi. Dobbiamo darci un colpo di reni e resto ottimista sulla capacità di recupero del nostro popolo”.
Da chi verrà questa salvezza?
‘Penso da sforzi molecolari di base, non conosciuti ma generosi. I governanti devono fare la loro parte, perché meritiamo un presente e un avvenire migliore della situazione in cui stiamo in qualche modo sopravvivendo”.