Da uno scritto di Renato Nisticò, Biblioteca Scuola Superiore di Pisa, riporto un passaggio:
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Credo che le attività di promozione della lettura siano in gran parte rivolte a uno solo dei due diversi tipi di lettura di cui parlava Alfred Thibaudet nel suo libro Il lettore di romanzi. In esso il critico francese proponeva la distinzione fra liseurs (termine che potremmo tradurre con “leggenti”, coloro che leggono) e lecteurs (coloro che hanno un gusto, interpretano). Io credo e mi auspico che la lettura sia vista come un problema, una questione di rilevanza sociale solo nel secondo caso. Mi sembra di sentire subito le prime, pur sensate, obiezioni. Si dirà: se non ci si preoccupa prima di avere dei leggenti, come faremo ad avere dei lettori? È possibile che esistano dei lecteurs che non siano mai stati dei liseurs ?
Credo proprio di sì: infatti, come ho anticipato sopra, leggere non è un’attività legata necessariamente al libro, alla decodifica di messaggi scritti, ma riguarda più in generale l’interpretazione del mondo. Un lettore, se è tale, lo è già anche nel momento in cui passa nella fase intermedia della “leggenza”; la lettura infatti è più un modo del comportamento, un atteggiamento verso il mondo, che non una maggiore o minore confidenza con il libro. Ci sono molti lettori che ancora non leggono (ed è su di essi che bisogna agire); ma ci sono forse ancora più leggenti che non diventeranno mai dei lettori.[/quote]
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