Il Ratto di Proserpina è un gruppo scultoreo realizzato da Gian Lorenzo Bernini, eseguito tra il 1621 e il 1622 ed esposto nella Galleria Borghese di Roma.
L’opera, in candido marmo di Carrara, fu eseguita tra il 1621 e il 1622 dallo scultore ventitreenne Gian Lorenzo Bernini, su commissione del cardinale-protettore Scipione Caffarelli-Borghese. Scipione Borghese, che iniziò a retribuire il giovane Bernini a partire dal giugno del 1621, avrebbe infine collocato l’opera ultimata nella propria villa fuori Porta Pinciana il 23 settembre dell’anno successivo.
Il soggetto è legato al tema del ciclo delle stagioni ed è tratto da un passo specifico delle Metamorfosi di Ovidio: «quando in un lampo Plutone la vide, se ne invaghì e la rapì». La giovane e bellissima Proserpina, figlia di Giove e Cerere (dea della fertilità e delle messi), fu notata da Plutone, il terribile Re degli Inferi, che, invaghitosi di lei, la rapì mentre raccoglieva fiori al lago di Pergusa presso Enna.
Cerere, per il dolore, abbandonò i campi, causando una gravissima carestia. Giove, quindi, intervenne trovando un accordo tra Plutone e Cerere anche grazie alla mediazione di Mercurio: Proserpina avrebbe trascorso sei mesi con la madre favorendo l’abbondanza dei raccolti mentre, per i restanti mesi dell’anno, quelli invernali, sarebbe rimasta con Plutone nell’Ade.
L’opera di Bernini coglie l’azione al culmine del suo svolgimento e offre all’osservatore il massimo del pathos: le emozioni dei personaggi sono infatti perfettamente rappresentate e leggibili attraverso la gestualità e l’espressività dei volti. Plutone è contraddistinto dai suoi attributi regali (la corona e lo scettro) mentre dietro di lui Cerbero, il feroce guardiano dell’Ade, controlla che nessuno ostacoli il percorso del padrone, girando le sue tre teste in tutte le direzioni.
Proserpina lotta inutilmente per sottrarsi alla furia erotica di Plutone spingendo la mano sinistra sul volto del dio, il quale, invece, la trattiene con forza, affondando letteralmente le sue dita nella coscia e nel fianco della donna. Con questo dettaglio, attraverso cui Bernini ha reso con notevole verosimiglianza la morbidezza della carne di Proserpina, lo scultore ha dimostrato il suo stupefacente virtuosismo.