Pubblico integralmente due capitoli del mio libro “Lettera a Mia Madre”.
I capitoli ha valore di anteprima e di stimolo all’acquisto del libro completo.
Una gioventù di sofferenza
Cara mamma,
so bene che la mia vita da giovane è stata ben diversa dalla tua. Ricordo benissimo tutti i tuoi racconti di privazioni, mancanza di cibo, gli aneddoti della guerra, la povertà, che difficilmente molti giovani della mia generazione hanno vissuto.
Mi ha colpito in particolare il posto dove hai vissuto con i nonni, quando eri bambina. Il Borghetto Malabarba, un posto di una miseria imbattuta, molto meno di una borgata come la conoscono oggi. Baracche, terra, fango, mancanza di tutto, solo vedendo le foto che abbiamo trovato in Internet sono rimasto colpito e amareggiato che la tua vita di allora fosse così difficile.
La differenza maggiore tra me e te, e che io non ho mai sofferto la fame. Non riesco neanche a pensarci, a non poter mangiare, mentre te hai saltato molti pasti, hai sofferto la fame come accadeva allora, lontani nel tempo dalle mense della Caritas ricche, quelle di oggi.
Mi hai raccontato del pane che conservavi secco, per poter mangiare. Di quella persona gentile con voi che vi portava la pagnotta, simbolo del necessità più fondamentali del popolo, che per te era la differenza tra i crampi della fame e il pasto assicurato.
Oggi, nel 2018, nessun giovane pensa alla possibilità che manchi da mangiare. Presi da cose assolutamente superflue, come il segnale del cellulare assente quando sono in attesa dal dottore o in metropolitana in città, non si rendono conto che il benessere dell’Italia nel G8 gli permette non vedersi assicurato il benessere almeno nel cibo e nell’alloggio. Anche se con la crisi degli ultimi anni molti più italiani fanno la fila alle mense, che per fortuna oggi ci sono e funzionano bene.
Quante volte mi hai raccontato della tua infanzia e della tua gioventù come difficile, insopportabile. Una baracca con una tenda al posto della porta, con il bagno fuori, una macina e il treno vicino, una ‘casa’ dove tu dormivi dentro al letto con tutta la famiglia! Assurdo! Andavi a lavarti al diurno, mi dici sempre, perché non avevi la possibilità di avere una doccia o una vasca dentro casa!
Forse il tuo animo è rimasto così gentile, buono e premuroso con gli altri perché hai patito tanto, e sai cosa vuol dire se ad una persona si negano le cose necessarie. Anche papà, e molte persone anziane che ho incontrato avevano un rispetto sacro per il cibo, primo fra tutti il pane. Il padre nostro, la preghiera del Vangelo, ricorda quanto è importante per noi esseri umani ricevere il pane quotidiano.
Quello che te talvolta non avevi. Vitto e alloggio, le necessità di base: tu mi racconti che non sempre mangiavi e che il borghetto Malabarba era un posto orrendo, che poi scomparve, cancellato dallo sviluppo industriale e dal minimo decoro che lo sviluppo iniziale di Roma del dopoguerra non aveva.
Mamma tu hai vissuto da bimba piccola la guerra, la seconda guerra mondiale. E pure te, come tanti allora, hai rischiato di essere sepolta dalle esplosioni e dai crolli. Mia zia, tua sorella Velia, ti ha evitato la morte rifiutandosi di andare insieme a te, vicino ad una signora che vi chiamava. Quella signora è stata raggiunta da una bomba, ed è morta che tu hai potuto evitare per puro caso.
Io considero la guerra il peggiore dei mali, ma viverla come te significa vedere la morte in faccia. Solo essere una bambina molto piccola ti ha preservato dai ricordi consapevoli e più duraturi.
Mangiare poco, in modo povero, non ti ha fatto bene alla salute, sei cresciuta privata del benessere sufficiente ad essere in piena salute.
Le vitamine, quando ero ragazzo ne parlavano i medici, sono essenziali per crescere come adulti sani. Ecco il perché di tanti problemi che hai avuto da adulta.
Una persona sensibile come te avrebbe avuto una vita diversa, in una famiglia con un reddito medio, con il denaro sufficiente a sfamarti, a farti studiare.
Invece sei arrivata all’età adulta tra mille difficoltà, tra mille problemi, che solo la tua enorme forza di volontà e la tua bontà d’animo non ha trasformato in debolezza nella vita e in frustrazione e risentimento contro la società. E in questo ti voglio ancora più bene.
Hai vissuto da sola, quando sei andata via da tutto questo, cercando una dignità fuori dalla tua famiglia. Però la solitudine era l’unico modo di rispettare la propria intimità, in case che erano appena poco più decenti delle baracche di Malabarba. Una solitudine che hai contrastato con tutta la forza, con tutto il destino da eroina del mio destino, una solitudine che oggi avrebbe fatto impazzire molte ragazze, che si sentono forti perché lavorano e studiano contemporaneamente!
Nel nostro tempo, la forza viene scambiata con l’arroganza, con la prevaricazione. Invece te, rimanendo sempre umile ma orgogliosa, sei stata capace di resistere a tutto, rimanendo te stessa… ti ammiro veramente per questa tua forza!
Le Mille Case
Cara mamma,
abbiamo girato l’Italia insieme. Ventun’anni a Roma, poi senza sosta Ceccano, Frosinone, Colleferro, Roma, poi ancora Colleferro. Tante case, tanti luoghi e situazioni, un’infinità di vicini di casa, tutti quei traslochi. Poi perché ? Per diversi motivi. Di fondo il problema è che non abbiamo una casa di proprietà, dove uno si abitua a vivere, si abitua al posto e al quartiere. Un continuo peregrinare che ci ha stancato parecchio, ti ha reso più ansiosa, ci ha reso sradicati da qualsiasi città, senza radici.
Tu ami Roma, lo so, la tua città, con i suoi pregi e i tanti difetti, la ami sempre. A Roma però io ho sofferto tanto, perché come mi diceva Franco Ferrarotti, il sociologo che mi onorava della sua conoscenza, Roma è una città difficile, difficile gestirla.
Tu sei più socievole, spontanea, semplice di me. Puoi accettare anche i difetti di Roma, pur di viverla. Io, no, sono più orgoglioso, sto attento a molti dettagli del rapporto con gli altri, e non sopporto l’arroganza e la maleducazione in cui spesso sconfinano taluni abitanti di Roma.
Per esempio, quando siamo stati a Frosinone non c’era questa mancanza di rispetto. Esistono anche nel capoluogo ciociaro persone antipatiche, arroganti, irrispettose. Ma normalmente non c’è quella cappa di invivibilità asfissiante dei rapporti umani romani.
Tu mi dici sempre che io sarei stato bene molto più a Nord di Roma. Probabile, mamma. Probabile.
Ma anche te non hai in mente la Roma di oggi, ma quella del tuo passato, della gente semplice e umile, dell’allegria di una gita ai Castelli. Una Roma che è scomparsa, che non c’è più.
Troppo cinici e indifferenti i romani di oggi per essere paragonabili a quelli schietti e spontanei, ma umili, della tua gioventù. Però qualcosa del carattere romano è rimasto. Quando siamo ritornati a Roma, nel 2016, hai fatto subito amicizia, subito a parlare nei locali, con le persone.
Ma quello è il tuo carattere, che sa farsi apprezzare a qualsiasi latitudine.
Ovunque vai, sai essere protagonista. Il contrario di come sono io, che schivo da buon introverso quasi tutte le persone, che parlo con pochi, selezionati, interlocutori. Mi viene naturale, così come è naturale per te essere diretta, spontanea e parlare con facilità di te e della tua vita con tutte le persone che te lo consentono.
Cambiare città non è facile, certo, non lo è stato facile tutte le volte che lo abbiamo fatto!
Trovare nuovi punti di riferimenti, abbandonare le persone che conosci anche se non sono amiche intime, abituarsi a guardare per la prima volta le persone nel loro ambiente, per il quale tu sei nuova… non è stato facile, non è stato affatto facile.
Abbiamo cambiato alla ricerca di una città che ci piacesse, perché Roma è troppo cara con gli affitti. Ma alla fine non abbiamo ancora trovato un posto dove stare veramente bene, e questo mi dispiace perché gli anni passano, e tu e papà dovreste avere un rifugio, dove stare sereni e riposati.
Forse il tuo problema, mamma, è che cerchi un’impossibile allegria, che ormai questa nazione non ha più. Non vi sono più gli stornelli cantati in allegria e in compagnia, le gite con le chiacchierate schiette di una volta. Oggi le città sono vissute frettolosamente, ognuno ha il suo guscio fatto dai parenti stretti e da Internet, non c’è più quella socievolezza che stiamo cercando in tutto il Lazio.
Forse non abbiamo ancora trovato la nostra città, o forse è una città dei sogni, che non esiste e che non troveremo. Ti auguro di trovarla, mamma, a te e a me.
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