In questo articolo riporto un capitolo estratto dal mio libro Sensibilità, breve saggio biografico che ha scatenato brutte polemiche contro di me, pur essendo incredibile ritenere un’opera del genere degna di tanta avversione con delle semplici recensioni su Amazon. Lascio giudicare a voi se il mio tono è “superbo e arrogante”, parole che una tale Roberta Magliocca ha avuto la maleducazione di usare contro questo mio libro. Lascio giudicare a voi, spero con animo sereno.
La Musica – Da “Sensibilità” di Roberto Di Molfetta
Per anni, tanti anni, sono stato un musicista. Non migliore di tutti, nè peggiore di tanti. Ma la musica mi ha veramente dato tanto, penso che le persone sensibili trovino nell’Arte tutta ed in particolare nella musica un alleato per sentire e vedere i propri sentimenti più profondi veramente realizzati. Ascoltare il brano Gabriel’s Oboe di Morricone, come sto facendo, o suonare l’adagio di Albinoni-Giazottto sono esperienze mistiche, qualcosa che sublima perfettamente quel sentimento che nel precedente capitolo ho chiamato dell’amore mancato.
Poche cose gareggiano con la musica: la musica è vita, è bellezza, è cuore, immensa passione, è la carezza di Dio sulla nostra mente.
Non credo di aver mai provato mai sentimenti più belli per dei suoni che ascoltando i più bei brani musicali della Storia.
Ascoltare il pianto del proprio figlio che nasce, certo è impareggiabile. Ma io intendo quando non c’è un sentimento profondo, quando non c’è amore, cosa può superare la musica ?
Per il filosofo Aristotele non esistono idee o principi innati. Tutto comincia dalla sensazione. Allora la cultura musicale, educata la mente a percepire bei suoni, porta al sublime, a percepire come ideali certi suoni ?
Questo non lo so con esattezza, ma una persona sensibile in certi brani musicali, specialmente i più evocativi, in tonalità minore, assapora un mondo ideale, che suona per simpatia con il proprio mondo interiore.
Almeno, a me accade questo: la musica prende dentro, risveglia stati dormienti, come se avesse un posto nel nostro cuore che normalmente non da accesso alla maggior parte dei suoni che arrivano alle nostre orecchie.
Sono stato un chitarrista dal 1989 al 2009, per poi riprendere la chitarra per diletto solo personale nel 2016. Iniziai suonando con un amico l’assolo chitarristico di Patience, brano acustico del gruppo rock “Guns’n’Roses”. Suonare era libertà di non pensare. Già pensare, fosse questo il problema ? La musica permette di non pensare alla vita, ai dolori, alla noia. Le note non hanno colore della pelle, confini di nazioni, sono vita al di là della società, di tutte le società. Non si fermano alla politica, alle nostre paure, volano alte, sono libere come i nostri pensieri come quando le percepiamo.
Credo sia questo immateriale loro respiro che le rende così adorabili al nostro cuore. Questo sentirle nostre nonostante qualsiasi altra variabile della nostra vita. Le note non sono maledette, come tante cose che ascoltiamo, percepiamo, pensiamo. Sono nostre e basta.
Suonare ha avuto anche l’aspetto positivo di farmi conoscere molti amici, veramente molta gente che non avrei frequentato se non fossi stato un buon musicista per anni.
Queste amicizie poi oggi non ci sono più, ma hanno significato tanto. Potete immaginarlo: come l’amore mancato, anche l’amicizia per una persona sensibile è qualcosa di sacro, di importante, non secondario. Salvo scoprire poi, che tra invidie, gelosie, tradimenti, rimane tanto poco di tanta amicizia.
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